Ambr. S 31 sup. [diktyon 43211]

 

Descrizione

L’Ambr. S 31 sup. (734 M.-B.) è un codice cartaceo (formato in quarto) risalente al xv sec., di 318 fogli in totale (i ff. I e I’ sono in pergamena antica [f. I’ segnato V’]), rilegato in pelle su assi in legno rivestite di cuoio, stesso materiale utilizzato per il piatto anteriore e quello posteriore. Il dorso è in cuoio e parzialmente restaurato. Rimangono tracce di due fermagli sui tagli laterali di entrambi i piatti. Lo spessore delle assi è di 6 mm. Il volume è fascicolato prevalentemente in quinioni e misura mm 242 x 160 (legatura); mm 231 x 160 (blocco fascicolare). I ff. 316-319 (pur essendo parte dell’ultimo fascicolo del codice) sono segnati I’-IV’.

Sul primo foglio è segnata una nota ex libris (Liber est mej marci antonij de passeris ianuensis <in margine Patavini> et amicorum). In alto è indicato l’ultimo possessore del libro, Vincenzo Pinelli.

Al f. Iv all’inizio del codice è presente un elenco delle opere contenute nel volume, di mano moderna.

Di tipo ornamentale e di colore rosso sono i titoli delle opere e le lettere capitali che introducono ogni opera. Fino al f. 128v (fine degli Inni callimachei) i testi sono vergati con una scrittura regolare, elegante e di alto livello calligrafico; per la parte finale del codice (contenente gli epinici di Pindaro, dal f. 132r, ‘con scolii P’) viene impiegato inchiostro marrone, con lettere più distanziate.

La sezione callimachea occupa i ff. 98v-128v.

 

Contenuto

Il manoscritto conserva l’intera raccolta della tradizione innodica, ovvero gli Inni orfici (ff. 2r-35r), gli Inni procliani (ff. 35v-39r), gli Inni omerici (ff. 39r-89v); gli Inni callimachei con scolî marginali e interlineari (ff. vv. 98v-128v.

Gli Inni callimachei sono anticipati dall’Eros fuggitivo di Mosco (ff. 90r-90v) e dall’Ero e Leandro (91-97v) di Museo. Alla fine del codice sono conservati gli Epinici di Pindaro (Olimpiche, Pitiche, Nemee e Istmiche: ff. 132r-295v). Solo in alcuni casi il testo è tramandato insieme a scolî interlineari e marginali (Pyth. 1; 3-11; Nem. 1-11; Isth. 5; 7). Alla fine del VI Inno di Callimaco (f. 128v) è presente un excerptum dei Commentarii in Canones Cosmae Hiersolymitani et Joannis Damasceni di Teodoro Prodromo.

 

Breve storia del manoscritto

Martini e Bassi (1906, ii, p. 849) riconoscevano nel codice la mano di Giovanni Roso. Pfeiffer (1953, p. lxiv), sulla base di Lobel (1933, p. 53), identificava, invece, per la parte callimachea di nostro interesse (ff. vv. 98v-128v), l’intervento di uno scriba anonimo, attivo a Firenze, al quale venivano ricondotti altri sei codici. Grazie a Canart (1977-1979, p. 292), il cosiddetto Librarius Florentinus è stato indentificato con la figura di Demetrios Damilas (RGK1a 93), allievo e collaboratore di Calcondila (1423-1511). Damilas sembra aver confezionato l’intero manoscritto, a eccezione dell’ultima parte attribuibile ad altro copista del medesimo entourage del maestro o allo stesso Calcondila (secondo una prassi accertata in altri codici: Canart 1977-1979, pp. 283-284, 285-287, 330). Il manoscritto circolò anche in ambiente patavino, come dimostra la nota di possesso sul recto del primo foglio (‘Liber est mej marci antonij de passeris ianuensis (in margine Patavini) et amicorum.’), relativa a Marco Antonio Passeri da Genova (1491-1563) e probabilmente ad un cenacolo di intellettuali. La sottoscrizione compare in altri manoscritti (es est mei marci antonij de passeris ianuensis, Patauini et amicorum) redatti dall’umanista, quali il Rehdigeranus 35 e il Paris. Gr. 2955, che solo in pochi punti presenta la mano di Passeri in alternanza ai collaboratori di Niccolò Leonico Tomeo (1456-1531), altro discepolo di Calcondila, principale scriba del codice parigino. Le caratteristiche di questo manoscritto inducono a postulare una stretta collaborazione tra Marco Antonio Passeri e l’umanista veneziano/patavino (Giacomelli 2020, pp.  213-214). L’ipotesi può essere confermata dall’interesse di Tomeo per la collezione innodica presente nell’Ambrosiano, di cui il Paris. Gr. 2763, da lui redatto, rappresenta il gemello. Tramite la biblioteca di Tomeo, dispersa dopo la sua morte, forse giunse nelle mani di Gian Vincenzo Pinelli (1535-1601), ultimo possessore del codice (come indicato sul primo foglio dell’Ambrosiano), il cui fondo si trova, sin dalla sua fondazione nel 1607, nella Biblioteca Ambrosiana (Gamba 2014, pp. 337-338).

 

Bibliografia

Martini, Bassi, ii, pp. 849 e Bulloch 1985, 56 (per una descrizione del codice); Canart 1977-1979, pp. 281-347 (per l’identificazione del Librarius Florentinus con la figura di Demetrios Damilas, la sua attività scrittoria e la collaborazione con Calcondila); Lobel 1933, p. 53 (per aver isolato la mano del Librarius Florentinus in una serie di manoscritti, tra cui il Laur. Pl. 60.14, quasi sicuramente databile agli anni 1475-1485 e al periodo di attività di Poliziano); Harlfinger 1971, p. 214 (per la denominazione di Librarius Florentinus); Pfeiffer 1953, p. lxiv (per la descrizione dell’Ambrosiano e per una indagine sul copista; e in generale per l’edizione degli Inni Callimachei e degli scolî); Speranzi 2015, pp. 143-161 (per un profilo biografico di Demetrio Damilas e la sua attività scrittoria e tipografica); Martinelli Tempesta 2013, p. 137 (per l’identificazione della mano di Demetrios Damilas in altri due codici della Biblioteca Ambrosiana); Giacomelli 2020, pp. 199-214 (per l’attività di Niccolò Leonico Tomeo e di Marco Antonio Passeri a Padova); Gamba 2014, pp. 337-339 (per l’acquisto di esemplari della biblioteca di Niccolò Leonico Tomeo da parte di Gian Vincenzo Pinelli e altri umanisti); Rodella 2013 (per la storia della biblioteca di Gian Vincenzo Pinelli); Irigoin 1952, pp. 395-397 (per una breve descrizione del codice Ambrosiano e del suo rapporto con la tradizione manoscritta di Pindaro); Giannacchi 2014, p. 109 (per la discendenza degli scolî a Pindaro presenti nell’Ambrosiano dal Vratisl. Fridericianus gr. 2); Pohl 1860, pp. 8-9 (per aver isolato nel f. 128v uno scolio ‘non callimacheo’ [pp. 3-4] e, in generale, per l’analisi di due manoscritti parigini latori di Inni callimachei, il Paris. Gr. 2763 e il Suppl.gr. 456); Smiley 1920, pp. 112-113 (per una descrizione del manoscritto, un’analisi della scrittura e del suo rapporto con il Paris. Gr. 2763, suo gemello, e per aver indentificato erroneamente lo scolio isolato da Pohl con uno scolio al v. 35 dell’Alessandra di Licofrone); Berg 2001 (per un’edizione con traduzione e commento degli Inni di Proclo); Càssola 1975 (per un’edizione con commento degli Inni Omerici); Malamis 2024 (per una recente edizione degli Inni Orfici). Hopkinson 2015 (per il testo e la traduzione in inglese dell’Eros Fuggitivo di Mosco e dell’Ero e Leandro di Museo).