Apparato scoliastico e glosse nell’Ambr. C 222 inf.: due copisti a confronto
Struttura e organizzazione della pagina
Il manoscritto, vergato in inchiostro marrone, mostra due schemi distinti di impaginazione.
Il primo, più frequente nelle sezioni del copista principale, Costantino, si caratterizza per porzioni di testo distribuite su due o tre colonne di dimensioni e forme variabili, spesso irregolari e non sempre proporzionate tra loro, separate da intercolumni di larghezza differente e adattate alle esigenze specifiche delle singole opere. A queste colonne di testo seguono ampi blocchi di commento, occupanti l’intera pagina. Secondo Maria Luisa Agati, questa disposizione non rifletterebbe una tradizione codificata, ma piuttosto un espediente individuale del copista, che doveva bilanciare la mole del testo poetico con la corposa quantità di note ed esegesi. Quando Costantino si apprestava a costruire la pagina, calcolava quanto spazio destinare ai commenti, cercando di assicurare leggibilità, ordine e funzionalità all’insieme del manoscritto (Agati 2024, 68). Secondo Nunzio Bianchi, invece, il manoscritto ambrosiano offrirebbe un’indicazione del metodo di lavoro di Tzetzes – che può costituire anche una testimonianza di come i suoi autografi fossero strutturati “stratigraficamente” e di come talvolta le dimensioni della pagina venissero modificate per adeguarsi alla quantità di testo da ricopiare, tramite aggiunte applicate su ritagli di carta. Infatti, il copista principale nonché possessore del codice, Costantino, allievo dello stesso Tzetzes, «attingeva ad autografi di Giovanni Tzetzes o a una loro copia fedelissima» (Mazzucchi 2004, 419). Una nota marginale al f. 93v, ll. 6-13, scritta in una scrittura più minuta e fine, mostra Tzetzes criticare chi sfrutta le sue opere senza riconoscerne la paternità, mentre un’altra avverte: τοῦτο προσφυὲς ἦν τῶ πρωτοτύπω τετραδίω· ἐν τούτω δὲ πυκνώσαντες τὴν γραφὴν καὶ τὸ γράμμα λεπτύναντες, περιελάβομεν πᾶν:- («Questo era attaccato al quaternio originario; invece in questo, infittendo la scrittura e assottigliando il carattere, l’abbiamo incluso tutto»). Questo scolio, probabilmente di Tzetzes, doveva trovarsi nell’antigrafo di Costantino, il quale doveva avere tra le mani un foglio con alcune linee in grafia più minuta, che imitò fedelmente. La scelta di adottare tali accorgimenti e un tale modus operandi, difficilmente trasmissibili attraverso copie successive, rimane enigmatica: forse Tzetzes intendeva mantenere il commento nello stesso numero di fogli, garantendo così una corrispondenza precisa tra testo e note.
Il secondo schema di impaginazione è quello tipico del copista professionista: il testo è disposto in una sola colonna, solitamente decentrata verso il margine esterno o interno, e circondata dagli scolii marginali a cornice, arricchita da glosse interlineari. Questa soluzione conferisce a questa sezione del manoscritto un aspetto complessivamente più ordinato e leggibile.
Il confronto con il lavoro di Costantino, copista principale, mette bene in luce le differenze. Costantino sembra mostrare una particolare attenzione al modello antigrafo, probabilmente un esemplare autorevole e strettamente legato al lavoro di Tzetzes. La sua fedeltà al modello lo induce a ideare soluzioni personali per l’organizzazione della pagina, alternando testo e commento in modo che il lettore possa fruire del testo poetico senza allontanarsi dalla sua esegesi. La pagina si configura così come un equilibrio attentamente calibrato tra il testo e la corposa annotazione esegetica, con uno studio preciso della distribuzione degli spazi. Il copista professionista, invece, adotta un approccio differente: semplifica la disposizione del materiale e opta per una struttura più “classica” e regolare, probabilmente meno condizionata dalla fedeltà al modello di partenza. Ne risulta una pagina compatta, in cui il testo è al centro e il commento si dispone come cornice, integrato da glosse interlineari. Questa distinzione tra i due approcci è stata notata da Massa Positano (1960, LXVII), che commentando il comportamento dei copisti scrive: «Ex scholiis utraque manu scriptis etiam apparet m1 [copista “mercenario”], ut antea, complura de consulto omisisse, sed m2 [= Costantino] tales locos plene descripsisse» («Dagli scolii, scritti da entrambe le mani, risulta anche qui, come già in precedenza, che m1 ha volontariamente omesso diversi punti nella costruzione della pagina, mentre m2 [= Costantino] ha completato integralmente tali sezioni»).
In conclusione, il diverso comportamento dei copisti riflette il loro rapporto con il modello: da un lato Costantino, attento e fedele, sembra orientato a sviluppare strategie di impaginazione più complesse e funzionali; dall’altro il copista professionista, con un approccio più libero, privilegia schemi consolidati e “tradizionali”.
Stratificazione testuale e fasi di intervento nella sezione degli Idilli: il copista “mercenario”
Particolarmente significativa è la sezione relativa agli Idilli (ff. 339v-360v), interamente vergata dal secondo scriba, definito icasticamente da Mazzucchi «il copista ‘mercenario’ di Teocrito» (2004, 437). Qui il testo è circondato da scolî disposti a cornice nei margini superiore, esterno e inferiore, e ulteriormente arricchito da numerose glosse interlineari, che interessano tutti i carmi. Le glosse interlineari superano talvolta lo spazio disponibile tra le righe, e sono vergate in inchiostro porpora ai ff. 340v-349r, 350v-352r, 353v-354r, 355r-357r, 358rv, in rosso al f. 340v, o in inchiostro bruno ai ff. 340r-349r, 350v-351r, 352r-353r, 355r, 358v. Tutte, a prescindere dal colore dell’inchiostro sembrano riconducibili al secondo copista, che avrebbe trascritto testo, scolî e glosse; anche le glosse in ocra, molto simile al colore del testo, sembrerebbero attribuibili al copista “mercenario”, sebbene le ridotte dimensioni rendano difficile una verifica paleografica. Le maiuscole nel testo e i segni di rinvio presentano la stessa varietà cromatica: rosso al f. 340r (metà superiore) e porpora dalla metà inferiore del f. 340.
Il copista utilizza due inchiostri distinti per la trascrizione del testo e per l’apparato scoliastico. Il testo principale è vergato in un’unica tonalità ocra, mentre l’apparato marginale presenta una variazione cromatica: dai ff. 340r-348r gli scolii sono copiati anch’essi in ocra, mentre dal f. 348v al f. 360r esibiscono un marrone più scuro rispetto al testo. Tale differenza potrebbe riflettere due momenti diversi di lavoro: è plausibile che il copista abbia prima trascritto l’intero testo e solo in seguito abbia aggiunto gli scolî, ricorrendo a inchiostri di tonalità differente. L’apparato esegetico sembra essere stato aggiunto in un secondo momento rispetto alla copia del testo, secondo una prassi del tutto consueta. Alcune glosse interlineari, tuttavia, sono vergate in un inchiostro ocra molto simile a quello del testo principale: ciò potrebbe suggerire che almeno una parte di esse sia stata redatta contestualmente alla trascrizione degli idilli. Successivamente, in una fase ulteriore, il copista avrebbe integrato titoli, segni di rinvio e ulteriori glosse interlineari in porpora.
L’impaginazione riflette una densità grafica notevole: il testo occupa in media 25-43 linee per pagina (salvo le hypotheseis, che si sviluppano su un numero di linee quasi doppio rispetto alla poesia), mentre gli scolî arrivano fino a 67-71 linee, con interlinea minuta e scrittura serrata. Nei casi in cui lo spazio marginale sia superiore alla quantità di commento, il margine inferiore resta vuoto, privilegiando invece la scrittura nei margini superiore ed esterno (ad es. ff. 341v-343r, 344r, 346v-347v, 348v, 359r-360r).