Struttura e organizzazione della pagina
Il manoscritto Ambr. G 32 sup. si distingue per l’articolato apparato esegetico che accompagna il testo poetico, in particolare per la presenza estesa e ben strutturata di scholia marginali a cornice e di glosse interlineari. La configurazione grafica della pagina, il rapporto tra testo e commento e la precisa organizzazione degli spazi testimoniano pratiche di lettura e studio dei testi poetici nell’ambiente culturale dell’epoca Paleologa (cfr. infra).
Ascritto alla cosiddetta famiglia vaticana, il codice tramanda prevalentemente scholia vetera nei margini. Le glosse interlineari, invece, presentano una stratificazione più complessa: accanto a riformulazioni sintetiche degli stessi scholia vetera, si trovano interventi di carattere originale, attestati esclusivamente in questo manoscritto. Questa combinazione di fedeltà alla tradizione e interventi originali conferisce al codice un profilo esegetico singolare, che ne fa un punto di osservazione privilegiato per comprendere come si siano stratificate, adattate e trasformate nel tempo le pratiche di commento all’interno della tradizione scoliastica.
L’analisi del layout del manoscritto Ambr. G 32 sup. rivela una progettazione attenta alla gerarchia visiva tra testo poetico e apparato scolastico. Il copista mantiene il medesimo ductus e un tracciato sempre curato in ogni sezione della pagina, ma riduce visibilmente il modulo di scrittura per gli scholia, secondo una prassi diffusa nei manoscritti con commento.
Il numero di linee dedicate al testo poetico varia sensibilmente da un foglio all’altro (da un minimo di 6 a un massimo di 22 per pagina), in funzione della densità e della disposizione del commento marginale. Questa variabilità risponde a un criterio di funzionalità: l’organizzazione dello specchio scrittorio è infatti subordinata all’esigenza di mantenere la prossimità tra il lemma e il relativo commento. In particolare, si rileva una chiara correlazione inversa tra la quantità di testo poetico e la presenza di scholia nel margine inferiore: all’aumentare delle linee di testo, le note marginali inferiori tendono a diminuire, mentre gli scholia nel margine superiore risultano meno sensibili a questa variazione. Il risultato è un bilanciamento flessibile tra i due margini opposti: quando uno è più saturo, l’altro si alleggerisce, anche se non secondo una regola fissa. Questa strategia risponde dunque al principio generale di garantire la massima leggibilità del commento, posizionandolo quanto più possibile in prossimità del passo poetico a cui si riferisce, anche mediante l’impiego di segni di rinvio (si veda infra). Nonostante ciò, l’adeguamento spaziale non è sempre perfetto: in alcuni casi, gli scholia slittano nel foglio successivo, a causa dell’assenza di spazio nei margini. È il caso, ad esempio, del f. 14v, che contiene i vv. 9-18 dell’Idillio 3, ma reca nel margine superiore anche due scolii riferibili ai versi 7 (ad ἐρωτΰλλον) e 8 (ad ἐκέλευσθε) trascritti nel foglio precedente (f. 14r), segno delle concrete difficoltà incontrate nel mantenere un perfetto allineamento tra testo e commento.
In assenza di un archetipo noto per la famiglia Vaticana, non è possibile stabilire con certezza quanto di questa organizzazione grafica derivi da una strategia autonoma del copista e quanto, invece, sia il risultato della riproduzione fedele di un modello preesistente. Una valutazione più accurata dell’originalità o della dipendenza del layout dell’Ambr. G 32 sup. richiederebbe un confronto sistematico con gli altri codici del gruppo (in particolare E e I), e uno studio approfondito dell’apparato scoliastico nella sua trasmissione e stratificazione.
Stratificazione testuale e fasi di intervento
L’analisi paleografica e lo studio degli inchiostri permettono di distinguere diverse fasi nella redazione del testo, degli scholia marginali e delle glosse interlineari nel manoscritto Ambr. G 32 sup.
In una prima fase, il copista principale trascrisse il testo poetico, e vi aggiunse gli scholia nei margini, impiegando lo stesso inchiostro marrone. A questa fase seguì verosimilmente l’aggiunta delle glosse interlineari, tratte in gran parte dagli scholia vetera, redatte in inchiostro carminio – lo stesso impiegato anche per la sobria decorazione del manoscritto. Con il medesimo inchiostro carminio vennero tracciati anche i segni di rinvio, costituiti per lo più da numeri greci, volti a connettere i lemmi del testo poetico con i relativi commenti marginali. Nei primi fogli, il copista ricorse prevalentemente al carminio per segnare le cifre di richiamo tra testo e commento; tuttavia, questa pratica non fu applicata in maniera sistematica lungo tutta l’unità: nelle ultime carte contenenti gli Idilli di Teocrito, i richiami risultano assenti, così come le glosse interlineari vergate dalla mano principale — indizio che suggerisce l’incompiutezza della fase finale del lavoro.
Una seconda fase è rappresentata dall’intervento di una mano distinta, riconducibile a un lettore avventizio probabilmente coevo o di poco posteriore, che impiega un calamo a punta fine e un inchiostro ocra oggi fortemente scolorito. A questa mano si devono glosse per lo più originali, non direttamente riconducibili alla tradizione degli scholia vetera, ma piuttosto interpretabili come rielaborazioni autonome del materiale esegetico, probabilmente maturate in un contesto erudito specifico. Sebbene l’assenza di un archetipo noto per la famiglia vaticana impedisca di determinare con precisione il grado di libertà del copista nella definizione del layout e nella selezione dei contenuti, l’intervento di questa seconda mano costituisce una testimonianza preziosa di ricezione attiva del testo, forse legata a pratiche di studio, commento o insegnamento in epoca Paleologa.