Alla metà circa del IX secolo, a Costantinopoli, la conservazione e la trasmissione del patrimonio intellettuale greco visse un altro momento determinante, una delle numerose Rinascite che hanno caratterizzato la sorte della cultura classica: è la cosiddetta Rinascenza macedone, dal nome della dinastia regnante. Siamo circa un secolo dopo la Rinascenza carolingia, che segna, grosso modo, un analogo momento di svolta per il patrimonio antico in lingua latina. Il rinnovato fermento intellettuale fu concomitante a un altro mutamento di natura tecnica nell’allestimento dei libri manoscritti: sino ad allora i libri in forma di codice erano copiati in scrittura maiuscola, dall’apparenza estetica imponente, ma poco economica sia in termini di tempi di esecuzione che di spazio occupato; almeno dalla fine dell’VIII secolo gradatamente i testi furono esemplati tutti in scrittura “minuscola”, che può assumere, a seconda del periodo, dell’ambiente e dello scriba, una forma più o meno calligrafica o corsiva.

Per quel che concerne più nello specifico il nostro discorso, da questo momento sicuramente i testi letterari accompagnati da commento recano la forma cui siamo abituati a vederli, una mise en page che è entrata nell’immaginario anche di chi non sia uno specialista nella tradizione dei testi: il corredo esegetico è collocato nello stesso volume che contiene il testo commentato, spesso a margine, talora in fondo a sezioni di testo; più rara, almeno per il genere letterario, la disposizione tipica dell’età ellenistico-romana, cioè in codici privi del testo di riferimento. Sono i cosiddetti “scolii”, termine greco, σχόλιον, diminutivo di σχολή, il cui significato proprio è “breve commento”, “breve nota esegetica”, senza alcuna connessione con la posizione rispetto al testo commentato. La stratificazione di materiale esegetico di età ellenistico-romana la ritroviamo dunque rifusa in corpora che generalmente sono trascritti nella stessa compagine libraria che contiene il testo: è questa essenzialmente la fonte primaria della nostra conoscenza della letteratura erudita antica, nonché la facies in cui la leggiamo. Sulla formazione, e relativa disposizione nella compagine libraria, di tali corpora, se di origine tardo-antica o medio-bizantina, non vi sono risposte univoche, come si è già accennato. Si tratta invero di un nodo scientifico su cui è in corso un fecondo dibattito da almeno un secolo, e su cui si sono innestate nel corso del tempo metodologie e modalità di approccio differenti: qui sarà sufficiente dire che ciò che noi leggiamo e ‘vediamo’, nella gran parte dei casi, è il risultato di  un insieme organizzato con un criterio editoriale a monte, frutto di selezione e conflazione di materiali disparati: nulla di ciò risulta attestato, allo stato attuale delle nostre conoscenze, prima dell’età della Rinascenza del IX secolo Va da sé che ogni autore e opera poi andrebbero indagati e esaminati nella loro specificità in merito ai meccanismi di tradizione testuale.