La seconda metà del XII secolo fu contrassegnata da alcune eminenti figure di studiosi filologi che si dedicarono alla raccolta e sistemazione di materiale esegetico. Da questo punto di vista la figura più rilevante è senza dubbio Eustazio di Tessalonica (1115-1195 ca.): a lui si devono – tra le altre opere – due monumentali commenti ai poemi omerici, in cui unì in un solo corpus tutta la tradizione scoliastica precedente, ma separando l’esegesi dal testo, e ritornando così al tipo originario di hypomnema autonomo (vd. 1.1). Il manoscritto C 222 inf., fu allestito nella capitale alla fine del XII secolo, ed è un libro concepito come una raccolta di poesia per uso privato con intercalati una serie di fogli bianchi per eventuali annotazioni; contiene una silloge imponente di poesia extra-omerica, tragica, comica, lirica, esametrica etc.: è testimone primario, tra gli altri, di Eschilo, Pindaro, Oppiano, Teocrito. Nell’impresa il possessore fu coadiuvato da un altro scriba, probabilmente un professionista prezzolato. Gli scolii degli Idilli di Teocrito sono collocati a cornice nei margini superiore esterno ed inferiore, e il corredo esegetico è completato da una serie di glosse interlineari. Ma la mise en page di testo e paratesto muta a seconda della tipologia di testi all’interno del manoscritto: per esempio, nei testi teatrali, Eschilo e Aristofane, a porzioni di testo su due colonne seguono rispettive porzioni di commento a piena pagina, stratagemma del copista di facilitare la difficile gestione delle due parti, con il calcolo ogni volta di quanta massa testuale esegetica dovesse corrispondere al testo. Interessante notare che l’anonimo copista principale e possessore del manoscritto colmò di escerti personali di varia natura una serie di fogli originariamente bianchi: il contenuto di queste fitte annotazioni, di vario argomento, consente di delineare un quadro abbastanza preciso, oltre che della personalità dell’erudito studioso, anche delle modalità di esercizio e acquisizione delle competenze letterarie e del sapere in generale (musica, astronomia, etc.). oltre che – più in generale – del milieu dotto di Costantinopoli alla fine del XII secolo pochi anni prima del disastro della IV crociata (1204). Siamo nel vivace ambiente erudito della generazione immediatamente successiva a quella di Eustazio: l’anonimo erudito possessore del manoscritto era stato in stretti legami con un altro illustre filologo coevo di Eustazio, Giovanni Tzezes (1110-1180 ca.), personalità importante anche per l’esegesi alla poesia epica e tragica, e frequentava il vivace ambiente culturale della scuola superiore annessa alla chiesa dei Santi Apostoli, non lontana dal monastero del Pantokrator.
Circa un secolo dopo, in piena età paleologa (vd. 1.2), un altro anonimo scriba, allestì un manoscritto cartaceo di piccolo formato che reca la segnatura G 32 sup. Il codice è fattizio, cioè composto da tre unità differenti, che coprono un arco cronologico che va dal XIII alla fine del XIV secolo. La prima sezione contiene gli Idilli di Teocrito corredati anche in questo caso da scolii a cornice. Testimone importante di una delle tre famiglie in cui si suddivide la tradizione del poeta bucolico, reca segni di richiamo tra testo e commento costituiti per lo più da cifre greche, più raramente da segni di richiamo; inoltre una serie di glosse interlineari, per lo più di carattere parafrastico, completano gli strumenti di ausilio alla lettura: la maggior parte furono apposti dalla prima mano, ma si scorgono anche annotazioni di lettori avventizi seriori. Nei primi fogli il copista usò generalmente l’inchiostro rosso per le cifre di richiamo, anche se non in modo costante e uniforme; gli ultimi fogli teocritei sono invece privi delle cifre e di glosse interlineari di prima mano, segno che il lavoro rimase incompiuto. Tra i vari possessori successivi del manoscritto, si segnala uno dei protagonisti dell’umanesimo greco in Italia, Costantino Lascaris, nel XV secolo: ci trasferiamo dunque in una nuova temperie culturale e in una nuova ‘rinascenza’ (vd. 2.3).