Pars superior (origine orientale, seconda metà del XIII secolo)
Datazione e origine
Il copista della pars superior ricorre in maniera sobria a stilemi propri della cosiddetta Fettaugen-Mode, evidente soprattutto nella seconda parte del codice in cui il ductus diviene più corsivo. In particolare si può notare l’uso del grosso beta «a cuore», alternato con il beta a due occhielli; del gamma maiuscolo alto con la traversa sinuosa; del tau alto, realizzato in un solo tratto; del phi globulare spesso sovradimensionato (cf. f. 14v, f. 15r). Sono invece evitate le sovrapposizioni di lettere e quasi del tutto le inclusioni, salvo che nei rari casi di sigma lunato grande. Le abbreviazioni per troncamento e i segni tachigrafici sono rari nel testo omerico, assai più frequenti invece negli scolii. In definitiva si può definire la grafia del copista come una «scholarly hand» che alla scioltezza e fluidità del ductus accosta una certa pretesa di chiarezza, favorendo una scorrevole leggibilità. A fronte dei dati codicologici e paleografici si può proporre una datazione alla prima metà del XIV sec. Il termine di confronto più cogente è la grafia del copista Giovanni, prolifico scriba attivo nella capitale nella prima metà del XIV secolo, collaboratore, fra gli altri, di Massimo Planude e Niceforo Gegora (RGK 3, 328 = 2, 271). Il codice fu copiato verosimilmente a Costantinopoli.
Descrizione interna
Il corredo esegetico dell’Ambr. A 181 sup. presenta alcune definite e costanti peculiarità grafiche e di mise en page. Esse riflettono senza dubbio le norme imposte al copista (da se stesso o dal committente) per gestire e ottimizzare la distribuzione del materiale «di supporto» al testo omerico molto ricco, com’è quello del nostro codice. L’apparato scoliografico di A 181 sup. occupa nell’architettura della pagina tre luoghi differenti:
- Scolii marginali: si tratta corpose note che occupano i margini superiore, esterno
e inferiore della pagina («in Kranzform»: Erbse 1960, 188) collegate alla parola del testo omerico di cui si occupano tramite un sistema di rimando numerico che riprende dall’unità a ogni pagina. I segni di rinvio, posti sopra la parola del testo omerico e a principio dello scolio marginale, sono quasi sempre scritti in inchiostro rosso, così come la lettera incipitaria dello scolio. Accanto a questo sistema di rimando principale se ne attesta un altro che ricorre all’uso di simboli vari: tuttavia la presenza di un preciso simbolo non sembra riflettere alcuna differenza di fonti o tipologie esegetiche. Pressoché tutti gli scolii marginali sono privi di lemma e ospitano per lo più trattazioni esegetiche, mitografiche e grammaticali.
- Scolii interlineari: note brevissime, quasi tutte in inchiostro nero, di rado anche rosso, poste al di sopra della parola del testo omerico di cui si occupano. Si tratta per lo più, ma non esclusivamente, di glosse.
- Scolii intercolumnari: brevissime annotazioni, spesso in inchiostro rosso, poste a lato del verso omerico a cui si riferiscono e collegate alla parola di cui si occupano tramite un sistema di rinvio che ricorre agli stessi simboli impiegati per gli scolii marginali, in aggiunta al sistema numerico. Si tratta generalmente di glosse, annotazioni linguistico-stilistiche e variae lectiones.
- Segni critici: l’unico attestato è la diplè, tracciata in inchiostro bruno.
Decorazione: la decorazione, verosimilmente del medesimo copista, è limitata a rozzi fregi, per lo più costituiti da motivi geometrici, a introduzione della hypothesis di ogni canto, tracciati con il medesimo inchiostro rosso degli scolii intercolumnari. Talora a “incorniciare” il titolo del canto, sempre in rosso, sono presenti rudimentali asterischi. Infine da segnalare le maiuscole in ekthesis in rosso, generalmente a marcare la prima lettera di ogni libro, vagamente affini alla maiuscola distintiva epigrafica, sovradimensionate e rozzamente ornate da semplici appendici fitomorfe e geometriche (cf. f. 14v, f. 23r).