Ambr. A 181 sup. [diktyon 42270]
Descrizione materiale
Il manoscritto Ambr. A 181 sup. è un codice pergamenaceo interamente palinsesto che misura 316 x 238 mm. Composizione attuale: due fogli di guardia cartacei, uno anteriore, l’altro posteriore, e 102 fogli di pergamena (I+102+I), ognuno dei quali presenta un rinforzo pergamenaceo recente nell’angolo inferiore interno. Foliotazione moderna a matita in cifre arabe al centro del margine inferiore e nell’angolo superiore esterno di ciascun recto. A un bifoglio del manoscritto originario ne corrisponde uno del nuovo (rapporto codex antiquior/codex recentior 1:1) e, nonostante il primo fosse di dimensioni maggiori, lo specchio di scrittura (240 x 165 mm) è sopravvissuto per intero.
Rigatura: la rigatura della pars inferior, tracciata a secco, è riconducibile al tipo 20B1 Sautel-Leroy. Più difficile risulta definire il sistema di rigatura della superior, anche perché è verosimile che i bifogli siano stati stirati durante il restauro. Essa appare in maniera piuttosto discontinua e non sembra esser stata sempre tracciata. Nei casi in cui è ben visibile (f. 11r) si limita alle doppie linee di giustezza nei margini esterno e interno e a due linee semplici per delimitare l’intercolumnio (larghezza variabile: 70 mm f. 9r; 75 mm f. 31r; 80 mm f. 51r). Questa la situazione per le due colonne ospitanti il testo omerico. Diversa quella delle hypotheseis ai singoli canti, scritte a piena pagina. Esse adottano come linea di giustezza interna quella più a ridosso della cucitura, mentre oscillante è l’adozione della linea di giustezza esterna che talvolta coincide con la più esterna (f. 14r hypothesis alla Boiotia) talaltra con la più interna (f. 23r hypothesis a Iliade 5). Non furono tracciate nuove rettrici, ma vennero sfruttate le precedenti, per quanto il numero di linee di scrittura sia maggiore, variabile da pagina a pagina e tendente ad aumentare col procedere dell’opera di trascrizione.
Fascicolazione: il codice consta attualmente di quattordici fascicoli, nove dei quali sono quaternioni, quattro ternioni (tre dei quali aumentati di un foglio) e un binione incompleto. Tuttavia il manoscritto presenta una lacuna tra i fogli 67v e 68r: è andato perduto il decimo fascicolo (ι´), corrispondente ai versi omerici 14.289-16.305. I fascicoli presentano tre tipi di segnature in cifre greche, tutte anteriori alla perdita di ι: (a) in inchiostro rosso, al centro nel margine inferiore sul verso dell’ultimo foglio, ora accanto ora coperta da (c); (b) in inchiostro nero nell’angolo superiore esterno sul recto del primo foglio; (c) in inchiostro nero al centro nel margine inferiore sul verso dell’ultimo foglio. La «Legge di Gregory» non è quasi mai rispettata.
Legatura e restauro: il codice fu restaurato presso il «Laboratorio Restauro del Libro» della Badia di Grottaferrata e il lavoro fu ultimato il 15 dicembre 1962, come si legge in un cartiglio applicato sul contropiatto posteriore. La legatura è di restauro, costituita da assi di legno con unghiatura, ricoperte con pelle di color bruno, e dorso marcato da quattro ordini di nervi.
Contenuto
La pars inferior, scritta in minuscola e databile agli inizi dell’XI secolo, ospita le reliquie di un solo codice greco contenente le Omelie di Giovanni Crisostomo. La pars superior, opera di una sola mano, contiene il testo dell’Iliade corredato di Antehomerica (f. 2), testo dell’Iliade disposto su due colonne, scolii a cornice. I soli canti 1 e 10 presentano nella colonna di destra la cosiddetta Parafrasi pseudopselliana. Le caratteristiche grafiche del copista inducono a datare il manufatto alla prima metà del XIV secolo, verosimilmente allestito a Costantinopoli.
Breve storia del manoscritto
Non sono chiare le vicende che condussero il manoscritto in Occidente. A un certo punto il manufatto appartenne all’umanista Giorgio Merula (m. 1494), che probabilmente lo acquisì a Venezia. I codici greci a lui appartenuti, secondo le sue disposizioni testamentarie, passarono a Ludovico il Moro e, per volontà del duca, al suo segretario Bartolomeo Calco e da costui al figlio Girolamo, fondatore nel 1574 del Collegio dei Calchi, una scuola per alunni poveri. Da questa istituzione fu acquistato dal cardinale Federico Borromeo, ed è presente nella Biblioteca Ambrosiana fin dalla fondazione, secondo quanto si legge nel più antico inventario dei manoscritti greci ivi conservati, redatto nel 1607-1608 (Turco 2004).
Sono presenti poche note marginali avventizie vergate da mani umanistiche in inchiostro bruno: e.g. al f. 16r la trascrizione del verso virgiliano Inarime Iovis imperiis imposta Typhoeo (Aen. IX 716) nel margine esterno, a commento del verso omerico 2. 783 (εἰν Ἀρίμοις, ὅθι φασὶ Τυφωέος ἔμμεναι εὐνάς); al f. 21r. l’integrazione dei versi 4. 197-198 assenti nel manoscritto.
Wagner 1891 (sugli Antehomerica contenuti nel codice); Leaf 1892, 246-247 (sul testo degli scolii) ; Martini — Bassi 1906, 88-89 nr. 74 (catalogo di riferimento dei codici greci custoditi nella VBA); Allen 1931, I 23, 122, 209-210 (sulla tradizione manoscritta del testo omerico: codice siglato M1); Severyns 1950-1951 (sugli Antehomerica contenuti nel codice); Erbse 1960, 184-209 (sul testo degli scolii); Erbse 1969, 24-25 (sul testo degli scolii); Vassis 1991, 80-82, 196-198 e passim (sulla cosiddetta Parafrasi pseudo-pselliana); Palla 2001, 179-181 (sul testo omerico); West 1998-2000, I XIII e passim (edizione critica dell’Iliade, codice siglato M); West 2001 (sulle caratteristiche del testo omerico tràdito dal manoscritto: codice siglato M); Turco 2004, 123 nr. 188 (edizione del primo catalogo dei manoscritti greci della Biblioteca Ambrosiana); Sciarra 2005, 8, 185, 255 (sul testo degli scolii); Pasini 2007, 201 (bibliografia completa sul manoscritto fino al 2006); Van Thiel 2014, 17 e passim (edizione degli scholia D: codice siglato M); Pasquato 2015 (studio codicologico, paleografico e testuale).